9 Giu 2008

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L’approccio sociologico dei giochi di ruolo. Parte seconda. Intervista al Prof. Luca Giuliano dell’Università La Sapienza

Al fine di una conoscenza maggiore dei giochi di ruolo nella loro funzione sociologica e, come già preannunciato nello scorso numero, propongo ora il parere del Prof. Luca Giuliano, Associato di sociologia, Dipartimento di Contabilità Nazionale e Analisi dei Processi Sociali presso l’Università La Sapienza di Roma.

Che funzione sociologica ha un gioco di ruolo sia esso reale o virtuale?

In generale il gioco di ruolo risponde a una pulsione presente da sempre negli esseri umani e che è anche all’origine dell’espressione artistica e del teatro: il bisogno di riprodurre, evocare, una realtà alternativa cui aderire per divertimento o per conseguire un effetto
sacrale. Da sempre gli uomini raccontano delle storie e accettano di crederci perché questo suscita delle emozioni, anche solo per rimanere all’aspetto profano. E’ il piacere di fingere, di farsi passare per un altro, di essere in un altro luogo e in un altro tempo. Il piacere di essere Altrove. In un gioco di ruolo intorno al tavolo questo avviene in un’atmosfera di condivisione sociale della fantasia e di creazione di una realtà collettiva che è appagante; anche perché in un gioco di ruolo non vi sono elementi competitivi forti tra i giocatori: lo scopo del gioco è di portare a conclusione la storia non di vincere su un avversario.
La distinzione tra reale e virtuale non è del tutto appropriata a queste attività. Il gioco di ruolo evoca sempre una realtà virtuale, anche se questa avviene in un “teatro della mente” anziché in una “teatro digitale” come avviene in un gioco online. Certamente in un MMORPG tutto è molto più spersonalizzato e le pulsioni che sono alla base della ricerca di identità alternative sono trasformate in un valore di scambio, sono mercificate. Inoltre il fascino della grafica non supplisce del tutto alla perdita che ne deriva in fatto di comunicazione diretta rispetto alla comunicazione mediata dal computer. Sono processi che hanno una base di partenza comune ma esiti diversi.

Che ruolo ha un gioco di ruolo nella costruzione di identità sociale?

Il gioco di ruolo esprime pienamente il polimorfismo dell’identità tipico del nostro tempo. Naturalmente è un tema che va molto oltre la “finzione per gioco”, tuttavia in essa si concretizza quella incapacità dell’individuo di organizzare le proprie esperienze in uno spazio sociale controllato e unitario. Non starò ricordare le infinte varianti con cui si è espresso questo concetto: la frammentazione, l’incertezza, la perdita di centro, la liquidità eccetera. Tutti gli analisti concordano nell’affermare che il processo di costruzione dell’identità sociale e personale è sottoposto a una trasformazione radicale imposta da fenomeni di globalizzazione e di comunicazione mai conosciuti precedentemente. Il gioco di ruolo non può che svolgere una piccola parte in tutto questo. In fondo è un’attività ludica che, per quanto importante nella vita di molte persone, viene esercitata in uno spazio di finzione. Al gioco di ruolo non possiamo chiedere più di quanto possiamo chiedere ad altre attività concorrenti come la lettura, il cinema e la molto più persuasiva televisione.
e molto meno di quanto posiamo esigere dal cinema o dalla televisione.

La presenza di regole dettate dai Gods non è una contraddizione rispetto al desiderio dell’uomo di essere “libero”, almeno nel gioco?

Direi di no. Il riferimento ai Gods è qualcosa che richiama alla mente i MUD e i MMORPG, e quindi i giochi di ruolo online. Tuttavia, in un certo senso, anche il Narratore di un gioco di ruolo, spesso chiamato “Master”, può essere inteso come God, come demiurgo del mondo narrativo che egli propone ai suoi giocatori. Il Narratore rappresenta anche il mondo delle regole. Ma in un gioco di ruolo le regole sono sempre sottoposte a negoziazione tra i giocatori (e anche il Narratore è un giocatore). Inoltre in un gioco le regole garantiscono sempre la possibilità di esercitare delle scelte e quindi sono le regole stesse a creare lo spazio di libertà in cui si sviluppano gli eventi di gioco.

Con riferimento alle possibili infinite identità che si possono assumere “ruolando” a quali rischi veri o presunti si può andare incontro?

Si è parlato molto dei rischi di “perdita dell’identità”. Sicuramente questo è un effetto dei processi di frammentazione di cui facevo cenno in precedenza. Di fronte a trasformazioniI così radicali di solito si sviluppano delle risposte, alcune delle quali non sempre gradite. I fondamentalismi religiosi e i localismi (o pseudolocalismi) etnici rappresentano una delle risposte possibili: riportare o mantenere in vita istituzioni, simboli, valori che si vorrebbero radicati nelle coscienze di ciascuno in modo da sollecitare un rassicurante conformismo. Rappresentano una risposta altrettanto inquietante quei fenomeni di accettazione senza riserve del presente che comporta l’abbandono alle pulsioni egoistiche, alla soddisfazione immediata di ogni desiderio senza alcuna moralità e senza alcun rispetto per gli altri e per se stessi.
Il gioco di ruolo intorno al tavolo ha una forte componente socializzante. Si esprime attraverso modalità di comunicazione che esercitano un’azione di contrasto verso fenomeni di isolamento sociale o di rifiuto dell’alterità. Giocare di ruolo significa partecipare alla condivisione di un progetto collettivo e vivere indentità molteplici, sebbene per gioco, significa imparare a vivere con le molteplici alterità. Il gioco di ruolo, semmai, è una “scuola di tolleranza”, se posso usare questo termine.
Un po’ diverso è il caso del gioco di ruolo online che si presenta con modalità più immersive e più spersonalizzate.
Ogni attività comporta dei rischi. Giocare al pallone, andare in bicicletta, fare alpinismo.
Il gioco di ruolo è molto meno rischioso di qualsiasi di queste attività. Il fatto che intervengano dei fattori “psicologici”, che conosciamo molto meno, rispetto a fattori fisiologici che crediamo di conoscere di più, ci rende apprensivi.
Una certa attenzione da parte dei genitori quando si tratta di minori, specialmente nei giochi di ruolo online, è sempre auspicabile. Il modo migliore per esercitare una forma adeguata di controllo è di giocare con i propri figli. Non di abbandonarli a se stessi.
Il rischio è temperato dalla fiducia e questa si costruisce insieme giorno per giorno.

Angela Allegria
3 dicembre 2006
In www.7magazine.it

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