9 Giu 2008

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I profili psicologici dei giochi di ruolo: intervista al Prof. Gianluca Gini dell’Università di Padova

Nello scorso numero abbiamo intrapreso il viaggio attraverso i vari approcci dei giochi di ruolo online analizzandone i risvolti pedagogici con l’aiuto del Dott. Fabio Paglieri. Oggi tenteremo di coglierne i profili psicologici con il gentile ausilio del Prof. Gianluca Gini del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università degli Studi di Padova.

Professore Gini, cosa spinge una persona a ruolare?
Le ragioni che spingono una persona a giocare ai giochi di ruolo possono essere diverse. I giocatori solitamente sono attratti dalla possibilità di sperimentarsi in ruoli alternativi, non possibili nel quotidiano delle nostre vite, e quindi dalla possibilità di evadere, in modo ludico, dall’ansia o dai problemi che nascono in famiglia o sul luogo di lavoro. Così come avviene in altri ambienti virtuali, come le chatroom, chi partecipa a un gioco di ruolo ha l’occasione di comportarsi, parlare ed essere percepito dagli altri secondo forme e modalità diverse da quelli in cui si sente costretto ogni giorno a casa o sul luogo di lavoro. Tali giochi, infatti, permettono virtualmente di cambiare sesso, età, lavoro, modalità di relazionarsi con le altre persone e così via.

A che conseguenze può condurre la costruzione di diverse identità, le quali possono corrispondere o meno alla propria?
I rischi sono legati al fatto che spesso il giocatore dedica diverse ore della giornata a tali giochi, che per loro natura non si esauriscono nell’arco di una serata ma durano spesso settimane o mesi. Ciò può comportare una eccessiva immedesimazione nei ruoli impersonati, che spesso sono ruoli “estremi” e “stereotipati” in positivo o in negativo, con possibile confusione tra la realtà e la fantasia di tali ruoli. In alcuni casi, si possono riscontrare veri e propri problemi di dipendenza dal gioco di ruolo (che rientra nella più generale dipendenza da internet) ed una incapacità di ritornare a vivere la propria vita reale abbandonando i ruoli impersonati nella comunità virtuale.
Si può creare una discrepanza tra i possibili Sé virtuali ed il Sé reale, che finisce per essere
sempre vissuto come inadeguato.

Quali possono essere i risvolti positivi e negativi di un gioco di ruolo dal punto di vista psicologico e/o terapeutico?
Come dicevo prima, la partecipazione ad un gioco di ruolo può avere dei vantaggi legati alla
possibilità di sperimentarsi in ruoli alternativi. In un certo senso, partecipando ad un gioco di ruolo è come fare un viaggio psicologico, invece che fisico, che consente di poter scegliere la comunità, il mondo, in cui vivere e quale personaggio interpretare. Ciò è positivo purchè il giocatore rimanga sempre la componente “attiva” del gioco, cioè sia in grado di scegliere se e quando giocare. Purtroppo a volte il gioco finisce per diventare la cosa più importante, o l’unica attività rilevante, nella giornata del giocatore, che può provare una sorta di “crisi di astinenza” quando non riesce a
entrare nella comunità virtuale per giocare.

Personalmente cosa pensa dei giochi di ruolo?
Come tutte le opportunità offerte dalla rete, anche i giochi di ruolo possono essere una risorsa per il divertimento dell’utente di internet, purchè si rimanga nell’ambito del gioco. Quando ciò che avviene nel gioco diventa il metro per valutare se stessi e per dare senso alla propria vita, allora tale attività cessa la sua funzione ludica e diventa una fonte di dipendenza pericolosa.

Angela Allegria

19 novembre 2006

In www.7magazine.it

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