27 Gen 2011

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Capitolo II

Tosto conclusa, sippur in siffatto malagevole modo, la necessaria incombenza e eziandio in un passaggio dove verun essere avesse sembiante di appartenenza alla nostra specie, il di sopra citato Cinquemani, stavansi provvedendo a risistemar le cose sue.

Ma non aveva in alcun modo, mancando del necessario supporto all’uopo destinato, non pensando di dover portare seco per le eventuali, stando esso sempre in condizioni di salute sempre in istato del quale nessuno potesse eccepir veruna pecca. Ancor certezza veniva dalla testimonianza del di lui prossimo partente cerusico che di nome facea, Giuseppe,e di cognome istesso del Salvatore, essendo i di loro padri figli dello stesso letto.

Il Giuseppe Cinquemani prestava la sua opera di uomo di scienze nel territorio che gli aveva dato i natali così ancho al Salvatore. Senza poter dare seguito a una pur sommaria espulsione della defecazione piuttosto liquida e non avendo altra soluzione atta al momento, posto in siffatto impossibile impedimento. Approfittando ancor delle tenebre si diede a ritornar nelle sua magione a rimediare la imbarazzante faccenda, causa l’imminente di sotteso dileggio qualor in loco veniansi a conoscere il malanno. Ma porancho il suo passo fosse di accelerato andare non poteansi in alcun modo nascondere l’olezzo che il precedente incombente bisogno naturale aveva provocato. Ma la sorte corse in soccorso al Cinquemani, nelle sembiante del questuante di mestiere Natalino Dallarobba, che alla anagrafe venne iscritto di padre e madre ignota. Davansi voce nel paese chi erano i di lui naturali genitori, unitesi in carnale rapporto al di fuori della benedizione del sacro vincolo, e al suo destino fu affidato anche nel nome e cognome a guisa di segnale inequivocabile del marchio infamante dimodoche nel territorio, senza tanti sforzi di  fantasia, riconoscesse la genitura. Avevansi il Cinquemani e il Dallarobba eguali misure e alla vista del figlio d’ignoti, il Cinquemani esclamò: “Fratel carissimo immantinente dammi i tuoi “canzi”, imperocchè io possa far torno alla dimora senza cotanto olezzo. Tengo a profitto la tua generosa azione e per render l’avermi liberato dall’imbarazzante posizione farotti Canzi d’Oro. Fu così che da allora il nostro eroe Salvatore Cinquemani, venne nel luogo nominato, Canzi d’Oro.

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