11 Giu 2008

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La chiamata vocazionale oggi: spunti di riflessione. Intervista a Suor Gabriella Gigliucci della Congregazione Maestre Pie Venerini

Chi non ricorda le pagine dei Promessi sposi dedicate a Suor Gertrude, la Monaca di Monza e la sua triste storia? Chi non rammenta “Storia di una capinera” del Verga, romanzo epistolare celeberrimo, e la sua trasposizione cinematografica firmata da Zeffirelli? Entrambe queste esperienze letterarie pongono il lettore innanzi ad un grande problema: la vocazione monastica e la costrizione. Ha colpito un po’ tutti la storia di quella Maria Vizzini, la “Capinera di Verga”, che rinuncia alla vita abbracciando una realtà diversa da quella voluta, costretta a vivere all’interno del monastero di via Crociferi a Catania fin da piccola, senza conoscere, se non per un breve tempo, ciò che si stendeva oltre le mura di esso. Ha certamente fatto riflettere la storia della monaca di Monza, personaggio storico, suor Virginia De Leyva, per la cui condotta è da punire la società, il sistema seicentesco secondo il quale i figli cadetti erano destinati ad una vita monastica con o senza il loro consenso per non disseminare il patrimonio di famiglia. Oggi, queste storie appartengono ad un’epoca ormai tramontata, sono frammenti di storia che non ci appartiene e non deve appartenerci più. Oggi non vi è più costrizione, ma la vocazione è vissuta ontologicamente: una chiamata personale che vede al centro il rapporto fra Dio e l’uomo.
Ne parliamo con Suor Gabriella Gigliucci della Congregazione Maestre Pie Venerini, fondate da S. Rosa Venerini 350 anni fa a Viterbo.

Quando l’ho contattata mi ha detto di essere una suora che vive la sua contemplazione nell’azione. Può spiegarci il significato di queste parole?

L’azione o testimonianza, se è in Cristo deve partire ed essere ispirata dal rapporto con Lui, questo significa essere contemplative nell’azione.

Come ha capito che doveva prendere una tale decisione?

Dal desiderio di fare qualcosa per Dio e per gli altri, non è stato un cammino né facile, né semplice. Sono stata fortemente ostacolata dai miei genitori, essendo figlia unica. Ho anche faticato ad arrivare ad una decisione così radicale, perché inizialmente avevo il timore di perdere la mia unicità. In seguito, attraverso il Direttore spirituale, la preghiera personale, la meditazione, alcune esperienze in alcune Comunità mi si è fatta chiara la chiamata di Dio.

Come mai ha pensato di aderire all’ordine al quale appartiene e non ad un’altro?

Perché il Carisma del mio Istituto : “Educare per salvare” mi ha affascinato. Si educa alla liberazione da ogni forma di schiavitù per aderire a ciò che è più bello: vivere la libertà di essere di Dio, per Dio. Si fa catechesi e si educa alla fede perché il Sangue di Cristo non sia versato invano

Come vive la vita monastica?

Si vive nel rapporto con Dio attraverso la preghiera , l’ascolto della Parola di Dio, per portare agli altri Gesù attraverso l’evangelizzazione, la Catechesi e la scuola.

In cosa si concreta la Sua attività?

Ho fatto scuola per tantissimi anni di cui 30 alla Scuola Statale come insegnante di religione, adesso mi occupo della Catechesi a livello di Diocesi e nella Parrocchia dove la mia Comunità risiede. Preparo i genitori al Battesimo dei figli e tengo incontri settimanali sulla Bibbia per un gruppo di adulti.

In una società in cui l’individualismo ha preso il sopravvento una scelta come la Sua che valore assume?

Il valore di volere ciò che Dio vuole, senza mezze misure e senza rimpianti. Se Dio chiama, l’unica gioia è dire: SI vengo!

Cosa vorrebbe dire a tutti quei giovani i quali vedono nella consacrazione religiosa un qualche residuo di un’epoca ormai trascorsa?

Vorrei dire lo che c’è gioia nel donarsi più che nel ripiegarsi su se stessi. Dio ascoltato, accolto è vera bellezza.

Angela Allegria

21 gennaio 2007

In www.7magazine.it

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